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La donna ha sempre dato un grande valore alla propria capigliatura, sin dalla preistoria: dal passato ci giungono ancora oggi immagini che ci indicano il percorso dell'evoluzione delle diverse acconciature, in voga già dall'età neolitica, alla quale vengono associati alcuni pettini, fatti di osso, ritrovati in scavi archeologici.

Per gli antichi Egizi, l’acconciatura era un indice di differenziazione di ceto e a una maggiore accuratezza, costituita tipicamente da parrucche e da barbe finte, corrispondeva un migliore status sociale. Gli Egizi, per ragioni igieniche, si radevano la testa per ricoprirla con ingombranti parrucche formate da numerosissime trecce, realizzate in crine, tinte in nero o in blu, spesso adornate da fiori di loto e nastri colorati. Gli uomini, in genere, portavano sul capo un diadema ornato da una testa di cobra o avvoltoio oppure altri due copricapi reali: uno bianco a forma di cono e l’altro rosso indossato su quello bianco. Quello più conosciuto, che si vede anche sulla scultura della Sfinge, è il “Klaft” usato anche dalle regine, fatto di due lembi di stoffa preziosa, laminate in oro, con strisce blu-Nilo che scendevano sulle spalle ai lati del collo. Molto più sontuosi erano i copricapo dei faraoni e delle varie divinità: un casco dorato (Pschent) o una mitra (Atew) adornato da un serpente, anch’esso dorato, la cui testa, alquanto grande, finiva sulla fronte del sovrano o dio: tutti e tre i tipi di acconciatura, rappresentavano i simboli della regalità.

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